venerdì 12 novembre 2010

Sanità, la riforma di Obama Quello che gli Usa non dicono

Dossier CronacaNet: i retroscena della guerra della sanità, tra fautori e detrattori agguerriti. E morti senza aiuto


New York, 04/10/2009 - Se è un dato che è quasi riduttivo definire impervio il cammino del progetto dell'amministrazione Obama che mira a riformare in maniera considerevole il sistema sanitario negli Usa estendendo a tutta la popolazione il diritto alla copertura sanitaria, è vero anche che per noi cittadini del Vecchio Mondo è altrettanto difficile capire i retroscena di una situazione in grado di mettere a rischio la stessa sopravvivenza del governo attuale. Il primo dato che balza agli occhi evidenzia già la differenza tra il nostro sistema e la sanità d'oltreoceano: negli Stati Uniti circa 45 milioni di cittadini sono privi di copertura sanitaria. Fino a qui, però, analizzando in superficie il semplice fatto che Barack Obama propone di allargare il sistema sanitario, non si può comprendere il perché imponenti frange della società americana osteggino il progetto.
La prima spiegazione va a toccare l'essenza della cultura politica degli americani: negli Usa è diffusa la concezione che la partecipazione dello Stato nel sistema della sanità va evitata, perché esiste il pregiudizio che l'allargamento del sistema implica il decadimento qualitativo delle prestazioni. Motivo per cui chi se lo può permettere usufruisce delle cure fornite dalle cliniche private, mentre chi non può resta senza copertura. Pregiudizi che fanno da sponda alle strategie della destra politica, la quale non perde occasione per fare propaganda anti-Obama e mettere sotto accusa le intenzioni "socialiste" del presidente.
A questi elementi se ne aggiungono altri, più subdolamente mascherati ma altrettanto determinanti: contro la riforma operano potenti gruppi di potere (si contano almeno 42mila lobbisti) del tutto intenzionati a proteggere i propri interessi e a indirizzare il lavoro delle commissioni congressuali che lavorano al progetto di riforma. Così, per fare qualche esempio, accade che industrie farmaceutiche e compagnie di assicurazione lottano per non vedersi strappare dalle mani il quasi monopolio che detengono, gestendo di fatto un sistema che ogni giorno drena 950mila euro. L'industria farmaceutica, per esempio, teme un ribasso del prezzo dei propri prodotti proprio in virtù delle intenzioni del progetto che porta la firma del governo di Obama.
In America, insomma, si respira un'aria da vera e propria guerra della sanità. E i protagonisti di questo scontro non si lasciano scappare nessuna occasione utile per far prevalere la propria causa. In questo contesto, i media diventano preziosi strumenti per veicolare spot pro e contro la riforma. Si calcola che nel solo mese di agosto siano stati spesi 20 milioni di euro in spot televisivi per pubblicizzare il "no" al progetto, ma non sono da meno gli investimenti in denaro realizzati da pensionati e sindacati, che rappresentano le agguerrite frange del "sì".
Intanto, mentre in piazza si alternano manifestazioni di vario colore, la National academy of sciences ufficializza un dato inquietante: ogni giorno avvengono negli Usa 18 mila decessi, vale a dire un morto ogni mezz’ora, da imputare proprio al sistema sanitario; un dato che diventa ancora più shoccante se si pensa che allo stato attuale la Sanità in Usa assorbe ben il 17,5% del pil, pari a 2.500 miliardi l’anno. Eppure c’è chi in tutto questo continua a vederci più che positivo. Dove sta il trucco? E’ semplice: il sistema sanitario attuale, se è vero che lascia 45 milioni di cittadini sognare la mutua, è una manna per i pazienti che rispondano positivamente a requisiti precisi circa il lavoro, l’età, i risparmi. Per usufruire dell’adeguato servizio sanitario, infatti, il trucco sta tutto nel poter pagare. I programmi pubblici coprono i cittadini oltre i 65 anni di età (Medicare), come anche i più poveri, i disabili, i bambini di famiglie disagiate e i soldati per i quali è disponibile il Medicaid. Per chi può permettersi di più ci sono le polizze private, che chiedono da 5mila a 15mila dollari in media e alle quali ci si può rivolgere direttamente o per tramite del proprio datore di lavoro.
In queste condizioni il problema emerge in tutta la sua gravità nel momento in cui un cittadino deve lasciare il lavoro a causa di una grave malattia e, proprio in conseguenza del licenziamento, perde i requisiti per la copertura sanitaria. Se aggiungiamo che a quel punto nessuna compagnia assicurativa accetterà le sue richieste, ci rendiamo conto di quello che succede ogni anno a 18mila persone che potrebbero salvarsi ma vengono lasciate al loro destino.
La riforma voluta dal presidente Barack Obama si propone di estendere la copertura ai 45 milioni di americani attualmente estranei al sistema, oltre a imporre regole che impediscano alle polizze di poter rifiutare le richieste delle persone che non hanno i requisiti richiesti. Il progetto richiede una spesa di 900 miliardi di dollari in 10 anni, che, a detta di Obama, saranno ricavati tagliando gli sprechi. Ed è qui che i repubblicani trovano l’arma per colpire il presidente, accusato di aver abbandonato l’idea di un’assicurazione sanitaria pubblica pur di raggiungere un valido compromesso.
Ad ogni modo, se non è possibile prevedere i risvolti di questa contesa, è quantomeno auspicabile che le richieste di 45 milioni di americani non vengano ignorate. Perché sarebbe da ipocriti piangere i caduti oltreconfine e non avere sulla coscienza l’inascoltata richiesta d’aiuto del vicino di casa abbandonato a se stesso.

Foto tratte da Corriere.it

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