31/07/2010 - Un terremoto politico ha colpito ieri la coalizione del Popolo della Libertà, lasciando una frattura irreparabile. A subirne le conseguenze, l'ex leader di An Gianfranco Fini, che giovedì scorso è stato di fatto "sfiduciato" nel suo ruolo di numero uno di Montecitorio dall'ufficio di presidenza del Pdl. Una "scomunica" espressa dal presidente Silvio Berlusconi attraverso l'invito ad abbandonare la carica di presidente della Camera, un messaggio nel quale Fini non ha mancato di sottolineare, davanti ai giornalisti convocati all'Hotel Minerva di Roma, una «concezione non proprio liberale della democrazia», in quanto «dimostra una logica aziendale, modello amministratore delegato-consiglio d'amministrazione, che di certo non ha nulla a che vedere con le nostre istituzioni».
Nel giro di cinque minuti, il cofondatore del Popolo della Libertà si è trovato a fare i conti con quella che lui stesso non ha mancato di definire «una brutta pagina per il centrodestra e più in generale per la politica italiana». «In due ore, senza la possibilità di esprimere le mie ragioni, sono stato di fatto espulso dal partito che ho contribuito a fondare», ha commentato Fini in risposta alla "scomunica" ricevuta. Ma il leader di Montecitorio ha
anche precisato che non darà le dimissioni, «perché il presidente della Camera deve garantire il parlamento e non la maggioranza che lo ha eletto». Nelle sue parole, poi, rassicurazioni sulla ferma intenzione di preservare ancora «i valori autenticamente liberali e riformisti del Pdl». Neanche sulla battaglia per la legalità il presidente della Camera si dice intenzionato a fare passi indietro: «È un impegno che avverto - ha spiegato - per onorare il patto con i nostri milioni di elettori onesti, grati alla magistratura e alle forze dell’ordine, che non capiscono perché nel nostro partito il garantismo significhi troppo spesso pretesa di impunità». «Ringrazio - ha aggiunto Fini - i tantissimi cittadini che in queste ore mi hanno manifestato solidarietà e mi hanno invitato a continuare nel nome di principi come l’amor di patria, l’unità nazionale, la giustizia sociale, la legalità intesa nel senso più pieno del termine: cioè lotta al crimine come meritoriamente sta facendo il governo. Ma anche etica pubblica, senso dello Stato, rispetto delle regole».
LO SFOGO DEL PREMIER E LA DECISIONE FINALE - «Viene meno la fiducia nel ruolo di garanzia del presidente della Camera. Non è mai successo che la terza carica dello Stato assumesse un ruolo politico» facendo «una vera e propria opposizione, critiche in sintonia con la sinistra e con una struttura organizzativa sul territorio. Abbiamo tutti ritenuto che il Pdl non potesse pagare il prezzo troppo alto di mostrarsi un partito diviso». Con queste parole, espresse nella conferenza stampa seguita all'ufficio di presidenza del Pdl, il premier Berlusconi ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto a prendere la decisione di applicare una censura politica nei confronti del cofondatore del Pdl e dei suoi seguaci. Il premier ha ribadito che «si è presentato un dissenso da parte di Fini e degli uomini a lui vicini nei confronti del governo, della maggioranza e del presidente del Consiglio. Io non ho mai risposto, anzi ho sempre smentito i virgolettati che mi hanno attribuito. «Abbiamo provato in tutti i modi a ricucire con Fini - ha proseguito il presidente del Consiglio - ma non è stato possibile. Non sono più disposto ad accettare il dissenso, un vero partito nel partito».
E I FINIANI PREPARANO IL GRUPPO AUTONOMO - Si chiama «Futuro e Libertà per l’Italia» il nuovo gruppo, già formalizzato presso gli uffici della Camera, cui sono state consegnate 33 richieste di adesione da parte dei "fedelissimi" di Fini. Il nome del gruppo si sostituisce a quello, ipotizzato inizialmente, di «Azione nazionale», che avrebbe rispolverato il vecchio acronimo di An, e anche al nome «Nazione e libertà».
Intanto a Palazzo Madama è stata raggiunta la soglia dei 10 senatori necessaria per costituire un gruppo autonomo. D'altra parte, Fini si sta già trovando alle prese con il rifiuto di seguire la linea da lui intrapresa espresso da compagni di non poco conto. Come il sindaco di Roma, l'ex An Gianni Alemanno, che ha sottolineato la volontà di rimanere «schierato dalla parte di Berlusconi con chiarezza. Mi dispiace profondamente per quello che è accaduto - ha detto Alemanno - però sto nel Pdl con convinzione».
Link consigliati: Corriere.it - La "rottura": il documento dell'ufficcio di presidenza del Pdl
Nel giro di cinque minuti, il cofondatore del Popolo della Libertà si è trovato a fare i conti con quella che lui stesso non ha mancato di definire «una brutta pagina per il centrodestra e più in generale per la politica italiana». «In due ore, senza la possibilità di esprimere le mie ragioni, sono stato di fatto espulso dal partito che ho contribuito a fondare», ha commentato Fini in risposta alla "scomunica" ricevuta. Ma il leader di Montecitorio ha
anche precisato che non darà le dimissioni, «perché il presidente della Camera deve garantire il parlamento e non la maggioranza che lo ha eletto». Nelle sue parole, poi, rassicurazioni sulla ferma intenzione di preservare ancora «i valori autenticamente liberali e riformisti del Pdl». Neanche sulla battaglia per la legalità il presidente della Camera si dice intenzionato a fare passi indietro: «È un impegno che avverto - ha spiegato - per onorare il patto con i nostri milioni di elettori onesti, grati alla magistratura e alle forze dell’ordine, che non capiscono perché nel nostro partito il garantismo significhi troppo spesso pretesa di impunità». «Ringrazio - ha aggiunto Fini - i tantissimi cittadini che in queste ore mi hanno manifestato solidarietà e mi hanno invitato a continuare nel nome di principi come l’amor di patria, l’unità nazionale, la giustizia sociale, la legalità intesa nel senso più pieno del termine: cioè lotta al crimine come meritoriamente sta facendo il governo. Ma anche etica pubblica, senso dello Stato, rispetto delle regole».LO SFOGO DEL PREMIER E LA DECISIONE FINALE - «Viene meno la fiducia nel ruolo di garanzia del presidente della Camera. Non è mai successo che la terza carica dello Stato assumesse un ruolo politico» facendo «una vera e propria opposizione, critiche in sintonia con la sinistra e con una struttura organizzativa sul territorio. Abbiamo tutti ritenuto che il Pdl non potesse pagare il prezzo troppo alto di mostrarsi un partito diviso». Con queste parole, espresse nella conferenza stampa seguita all'ufficio di presidenza del Pdl, il premier Berlusconi ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto a prendere la decisione di applicare una censura politica nei confronti del cofondatore del Pdl e dei suoi seguaci. Il premier ha ribadito che «si è presentato un dissenso da parte di Fini e degli uomini a lui vicini nei confronti del governo, della maggioranza e del presidente del Consiglio. Io non ho mai risposto, anzi ho sempre smentito i virgolettati che mi hanno attribuito. «Abbiamo provato in tutti i modi a ricucire con Fini - ha proseguito il presidente del Consiglio - ma non è stato possibile. Non sono più disposto ad accettare il dissenso, un vero partito nel partito».
E I FINIANI PREPARANO IL GRUPPO AUTONOMO - Si chiama «Futuro e Libertà per l’Italia» il nuovo gruppo, già formalizzato presso gli uffici della Camera, cui sono state consegnate 33 richieste di adesione da parte dei "fedelissimi" di Fini. Il nome del gruppo si sostituisce a quello, ipotizzato inizialmente, di «Azione nazionale», che avrebbe rispolverato il vecchio acronimo di An, e anche al nome «Nazione e libertà».
Intanto a Palazzo Madama è stata raggiunta la soglia dei 10 senatori necessaria per costituire un gruppo autonomo. D'altra parte, Fini si sta già trovando alle prese con il rifiuto di seguire la linea da lui intrapresa espresso da compagni di non poco conto. Come il sindaco di Roma, l'ex An Gianni Alemanno, che ha sottolineato la volontà di rimanere «schierato dalla parte di Berlusconi con chiarezza. Mi dispiace profondamente per quello che è accaduto - ha detto Alemanno - però sto nel Pdl con convinzione».
Link consigliati: Corriere.it - La "rottura": il documento dell'ufficcio di presidenza del Pdl
Foto tratte da Corriere.it
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Redazione



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